Ho messo la mia vergogna
su una zattera sgangherata,
poi l’ho varata:
adesso è in mare
Solco con lei le onde
della paura e del dolore
incrociando barconi
carichi di morte
e di sudore.
La mia zattera oscilla
e si fa strada a stento
tra sagome veloci
a scomparire in fondo,
ad annaspare
con acqua e grida in gola
e poi affondare.
Furono uomini?
Per chi?
Uomini si è sempre per qualcuno
ma essi non trovarono nessuno
Solo la mia vergogna non affonda,
là su quella zattera vagante,
mangia disperazione a fette
beve coscienza mendace
e non può darsi pace
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