Non avevo volto.
non avevo voce.
non avevo nome,
in quel giardino.
Nemmeno altrove.
Nessuno mi trovava.
Senza volto, senza voce, senza nome io non c'ero.
Attendevo qualcuno? Non so
non aveva importanza: non c’ero!
Venne vento impetuoso. Mi intercettò.
Mi bloccò sulla soglia di quei “non".
Un turbinio di raffiche scompigliò i capelli,
tirò con violenza,
li attorcigliò tra i rami spogli degli alberi,
li avvinse alla loro nudità,
al loro eterno invernale tormento.
Le mani si alzarono per afferrare i rami,
e far del loro dolore i miei capelli.
Li strinsi per catturare il vento.
Per star con lui in ogni momento.
Per sentire folate accarezzarmi il volto,
rubarmi l'anima, sfiorarmi tutto il corpo,
coprirmi di pena e insieme godimento.
Il turbinio mi avvolse, gradiva quello scambio,
ne era affascinato: “Chi sei che sfidi il Vento,
e vuoi afferrarne il soffio per farne un ornamento?
Non sai che non mi fermo, afferro e passo oltre.
Travolgo, uccido, abbatto. Fuggo in ogni momento.
Contro ogni mio volere urlo e distruggo tutto.
Contemplo sempre un lutto”.
“No, no! Tu mi proteggi, mi avvolgi, mi ricopri.
Mi dai il tuo desiderio, il bisogno che hai di me.
Nulla potrà colpirmi finché mi cullerò nel Vento.
Ti porgo le mie mani. Prendile per favore,
tienile strette strette.
Chi potrà mai obbligarmi a scioglierle da te?”
Il Vento si calmò ma non scomparve.
Le mani mi afferrò con dolcezza,
le baciò con tenerezza.
“Lasciale non riprenderle, -mi domandò implorante-.
Dove le hai poste le lascerò ogni istante,
per far di me il tuo amante”
Intanto a sua insaputa,
in una piega ignota del mio essere donna
stava nascendo un fiore, un bocciolo d'amore.
Qual seme era caduto sul mio seno fecondo
trascinato da un soffio sfuggitogli dal grembo?
D'un tratto ebbi paura.
Tutta ora in me fremeva la mia impetuosa offerta.
Timore e desiderio, angoscia e voluttà
m'eran compagne insieme, nell'atto di donar.
La fretta sua cresceva, voleva e poi temeva,
temeva e poi voleva
Un dubbio lo stremava:
“Se scivolo con te, che ne sarà di me?”
Tentai di scomparire, dissolvermi nel nulla,
ma il fiore profumato svelò la mia presenza,
facendo di me il centro di ogni sua esigenza.
Si ero lì con lui.
L' attesa era finita.
In qualche arcano modo il fior m' aveva tradita.
M’ aveva dato un luogo, un volto trepidante.
Sola aspettavo e attonita che mi accettasse amante.
Un nome ora attendevo più che l'aurora il sole:
che il Vento desse nome a chi aveva in cuore.
E il Vento mi trovò accucciata
tra l' erba del giardino.
Assaporò il profumo del fior
che intanto era cresciuto.
Intercettò il mio battito, lo avvolse nel mantello.
"Che temi cucciolina, dolcezza tutta bella -mi sussurro tra i palpiti-:
sei la mia Nicarella…
Ti invito ad un banchetto di cibi succulenti.
Li mangeremo insieme.
Poi diverremo amanti”.
Così tutto d'un tratto cercò il mio corpo:
le sue forme avvinse.
S'insinuò tra di esse ardito, provocando…
Voleva me, mi disse, sopra ogni cosa al mondo.
“Ti lancio la mia sfida, coglila se hai coraggio”,
il sole si spegneva nel suo ultimo raggio.
"Se io t' affascinassi", continuò lui testardo,
"saresti tu disposta a farti amare amando?"
Proposi trepidante: "Parliamo insieme a lungo,
sveliamoci l'un l'altro, mentre ceniamo uniti,
da amici e confidenti, evitando ogni sguardo.
Non aver fretta -aggiunsi- non volermi già amante.
Nicarella io sono solo da qualche istante.
La sfida che mi lanci io la conosco bene:
il fascino tuo mi mostri per entrarmi nelle vene.
Vuoi rubarmi sospiri, sequestrarmi sorrisi,
prendermi vuota anche dei miei pensieri”.
“Lasciami fare -disse-, guardami non scappare,
in quei tuoi occhiuzzi intensi io voglio sprofondare.
Non credo (non lo spero) che vorremo parlare.
Addirittura penso, non vorremo cenare.
Lascia che io sogni un attimo di essere un bell'uomo;
allora si, ti lasceresti amare”.
Quando una donna avverte il suo essere donna,
un brivido l'assale di fronte a questo evento.
Specie se a carezzarla è il soffiare del Vento.
Sentivo sulla pelle il suo sfiorarmi ovunque
con tocco lieve, fresco pieno di sentimento.
E là dove toccava, andava sempre a fondo.
Io giubilavo in estasi avvolta in quel mantello.
Tutta mi ricopriva, tutto con lui era bello.
Ma d'improvviso apparve un altro personaggio.
Tempesta si annunciava anche se era di Maggio.
Un turbinio di raffiche mi scompiglio i capelli.
Ne fece nodi assurdi, li rese dei brandelli.
E quel terrore sordo che avevo dall'inizio
riprese ad incalzare.
Cercavo di riprendere quel che mi aveva tolto
ma più forte di me lui mi oscurava il volto.
Soffriva, lo vedevo, soffiava e non voleva.
Ed io testarda e amante mi avvinsi a lui tremante:
“non voglio, non ti lascio.
Ora che stai soffrendo, con te voglio restare
per asciugare lacrime amare”.
Mi sciolse dal suo abbraccio.
Mi gettò in un angolo all'addiaccio.
“Non posso -gridò forte-. Ormai debbo fuggire.
Sai bene che se attendo, ti travolgo perché io sono il Vento!!
E' tardi dolce amica. Non c’è pace per me.
Addio mia Nicarella.
E quando ripassando tu mi intercetterai
se guardi nei miei occhi i tuoi vi scorgerai!”
“No Vento, sbagli -cocciutamente aggiunsi-.
Nei tuoi occhi vedrò, quando guarderò,
tutta la sofferenza che trascini,
tutte le ferite che con la voce gridi.
Tutto quel gran dolore che ti soffoca e uccide.
Una ghirlanda ne farò profumata e bella,
per farne offerta in cielo ad una stella.
La più brillante per il tuo cuore amante.
E a quella stella che parla al tuo furore,
semplicemente dirò:
sono io, Nicarella
Io non avevo volto.
Io non avevo voce.
Io non avevo nome.
In quel giardino.
Nemmeno altrove.
Nessuno mi trovava. Senza volto, senza voce, senza nome io non c'ero. Attendevo qualcuno? Non so. Ma non aveva importanza: io non c’ero!
Venne un vento impetuoso. Mi intercettò imperioso. Mi bloccò sulla soglia dei miei “non".
Un turbinio di raffiche mi scompigliò i capelli, li tirò con violenza, li attorcigliò tra i rami spogli degli alberi, li avvinse alla loro nudità, al loro eterno invernale tormento.
Le mie mani si alzarono per afferrare quei rami, per far del loro dolore i miei capelli. Mi strinsi ad essi: ai rami, ai miei capelli, per catturare il vento. Per star con lui in ogni momento. Per sentire le sue folate accarezzarmi il volto, rubarmi l'anima, sfiorarmi il seno e il corpo, coprirmi della sua pena e godimento.
Il turbinio mi avvolse, gradiva quello scambio, ne era affascinato: “Chi sei tu che sfidi il Vento, che vuoi afferrarne il soffio per farne un tuo ornamento? Non sai che non mi fermo che afferro e passo oltre. Travolgo, uccido, e abbatto. Che fuggo ogni momento? Contro ogni mio volere urlo e distruggo tutto. Contemplo sempre un lutto”.
“No, no! Tu mi proteggi, mi avvolgi, mi ricopri. Mi dai il tuo desiderio, il bisogno che hai di me. Nulla potrà colpirmi finché sono nel Vento, finché io sono in te. Ti porgo le mie mani. Prendile per favore, tienile strette strette. Chi potrà mai obbligarmi a scioglierle da te?”
Il Vento si calmò ma non scomparve. Le mani mi afferrò, le tenne con dolcezza, le baciò con tenerezza. “Lasciale non riprenderle, -mi domandò implorante-. Là dove tu le hai poste le lascerò ogni istante: sul cuore le terrò, per far di me il tuo amante: Ti amo con ardore perché tu sei l' Amore!”
D'un tratto ebbi paura. Tutta ora in me fremeva la mia impetuosa offerta.Timore e desiderio, angoscia e voluttà m'eran compagne insieme, nell'atto di donar. La fretta sua cresceva, voleva e poi temeva, temeva e poi voleva...Fatica denunciava, l' attesa lo stremava. Non posso, mi spiegò. Se scivolo con te, che cosa ne sarà di me?”
Ma intanto a sua insaputa, in una piega ignota del mio essere donna stava nascendo un fiore, un bocciolo d'amore. Un seme era caduto sul mio seno fecondo trascinato da un soffio sfuggito dal suo grembo.
Tentai di scomparire, di dissolvermi nel nulla, ma il fiore profumato svelò la mia presenza, facendo di me il centro di ogni sua esigenza. Si ero lì con lui. L' attesa era finita. In qualche arcano modo il fior m' aveva tradita. M' aveva dato un luogo, un volto trepidante. Sola aspettavo e attonita che mi trovasse amante. Un nome ora attendevo più che l'aurora il sole. Che il Vento desse un nome a me che aveva in cuore.
E il Vento mi trovò accucciata tra l' erba del giardino. Assaporò il profumo del fior che nel mio ventre intanto era cresciuto. Intercettò il mio battito, lo avvolse nel mantello. "Che temi cucciolina, dolcezza tutta bella -mi sussurro tra i palpiti-: sei la mia Nicarella… Ti invito ad un banchetto di cibi succulenti. Li mangeremo insieme. Poi diverremo amanti”.
Così tutto d'un tratto cercò il mio corpo: le sue forme avvinse, S'insinuò tra di esse ardito, provocando...Voleva me, mi disse, sopra ogni cosa al mondo. “Ti lancio la mia sfida, coglila se hai coraggio”, il sole si spegneva nel suo ultimo raggio. "Se io t' affascinassi", continuò lui testardo, "saresti tu disposta a farti amare amando?"
Proposi trepidante: "Parliamo insieme a lungo, sveliamoci l'un l'altro, mentre ceniamo uniti, da amici e confidenti, evitando ogni sguardo. Non aver fretta -aggiunsi- non volermi già amante.. Nicarella io sono solo da qualche istante. La sfida che mi lanci io la conosco bene: il fascino tuo mi mostri per entrarmi nelle vene. Vuoi rubarmi i sospiri, sequestrarmi i sorrisi, lasciarmi sola e vuota anche dei miei pensieri”.
“Lasciami fare -disse-. Guardami non scappare in quei tuoi occhiuzzi intensi io voglio sprofondare. Non credo (non lo spero) che vorremo parlare. Addirittura penso, non vorremo cenare Lascia che io sogni un attimo di essere un bell'uomo; allora si, ti lasceresti amare”.
Quando una donna avverte il suo essere donna, un brivido l'assale di fronte a questo evento. Specie se a carezzarla è il soffiare del Vento. Sentivo sulla pelle il suo sfiorarmi ovunque col tocco lieve, fresco pieno di sentimento. E là dove toccava, andava sempre a fondo. Io giubilavo in estasi avvolta in quel mantello. Tutta mi ricopriva, tutto con lui era bello.
Ma d'improvviso apparve un altro personaggio. Tempesta si annunciava anche se era di Maggio Un turbinio di raffiche mi scompiglio i capelli. Ne fece nodi assurdi, li rese dei brandelli. E quel terrore sordo che avevo dall'inizio riprese con furore ad oscurarmi il cuore. Cercavo di riprendere quel che mi aveva tolto ma più forte di me lui mi oscurava il volto. Soffriva, lo vedevo, soffiava e non voleva. Ed io testarda e amante mi avvinsi a lui tremante: “non voglio, non ti lascio. Ora che stai soffrendo, con te voglio restare per asciugare lacrime per quanto siano amare”.
Mi sciolse dal suo abbraccio. Mi gettò in un angolo all'addiaccio. “Non posso -gridò forte-. Ormai debbo fuggire. Sai bene che se attendo, io ti travolgo subito perché io sono il Vento!! E' tardi dolce amica. Non c’è pace per me. Addio mia Nicarella. E quando ripassando tu mi intercetterai se guardi nei miei occhi i tuoi vi scorgerai!”
“No Vento, tu ti sbagli -cocciutamente aggiunsi-. Nei tuoi occhi vedrò, quando ti guarderò, tutta la sofferenza che ti trascini dentro, tutte quelle ferite che la tua Voce grida. Tutto quel gran dolore che ti soffoca e uccide. Una ghirlanda ne farò profumata e bella, per farne offerta in cielo ad una stella. La più brillante per il tuo cuore amante. E a quella stella strappata dal tuo cuore, semplicemente dirò:
sono io, Nicarella
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