martedì 28 novembre 2017

Una cosa qualunque







-se nel tempo ci fosse un anno qualunque
lì vorrei vivere
-se nello spazio ci fosse un luogo qualunque
lì vorrei alloggiare
-se nel linguaggio ci fosse un nome 
qualunque e
nelle reti del tuo pensiero restasse impigliato 
un viso qualunque,
subito direi che è il mio
-se ci fosse un amore qualunque 
nel pozzo asciutto davanti casa
mi tufferei a capofitto
senza indugi
-E se dopo ci fosse anche
una morte qualunque con un
bel necrologio sul quotidiano
del mio luogo qualunque...
A venir meno 
è sempre la sapienza
del caffè caldo la mattina.
Un rifugio di lusso le piccole cose.

Solo, non datemi per sudario
un giornale qualunque








la mia assenza




COME DIO


<<Dio è assenza di Dio. L'esilio nell'esilio>>
                                                   Reb Sarda

E. Jabés, Il libro delle interrogazioni: Il libro di Yukel 515

"Pregaci Signore
pregaci
siamo vicini"
P- Celan,  Grata di Parole: TENEBRAE


Come Dio,
sono solo
la mia assenza
per questo 
somiglio alla realtà

lunedì 27 novembre 2017

La cavalcata del dolore d'esserci




La cavalcata del dolore d'esserci
                                                            
 "Chi cavalca così tardi nella notte e nel vento"
   W. Goethe, il re degli Elfi


Questa è la vicenda di un dolore impossibile
consumato al galoppo
nei campi a distesa di un cuore arso
come stoppia
tra file d’ alberi fantasma e
crepe di fantasmi che si concedono
a una boscaglia dopo l'altra
a voler disarcionare dalle tue ciglia
lacrime che non scendono ma salgono
Una storia che non c’è
-non c’è mai stata e mai ci sarà-
una stregoneria
che passa attraverso parole che trafiggono
veloci
il tempo che abbiamo
e solo quello
(era un inquisitore quel
pettine che mi baciò la spalla
e mi lasciò il suo marchio?)
e che vendiamo a poco prezzo
a una sorte d'accatto
-che tutto si piglia
nei luoghi comuni-.
Mi hanno beccata calva e spettinata
a contare le dita di una mano tagliata
poi dell'altra e a sbagliare,
a sbagliare a contare
perché non arrivavo a 10
e le mie dita invece le avevano le chiome degli alberi.
E anche il cielo non c’era più

Solo i fantasmi non conoscono
esagerazione




























sabato 25 novembre 2017

continuare

Sono stanca 
di andare all'inseguimento
i richiami ormai hanno girato
l'angolo
e il turbamento si è infilato a precipizio
dentro la porta di casa.

Con il cucchiaio raccolgo per strada
-ma dove?-
il tempo della foschia, 
una follia 
m'è madre e mi culla.

Devo ancora scavare e intagliare
intagliare e scavare luoghi
della mia pelle
-ma dove?-
per sapere che la normalità
è una meravigliosa vagina
di cui solo pochi
sono degni

Continuare? Forse. 
In frigo c'è ancora un po' di
follia da sgranocchiare




pulcino




Talvolta per strada si incontra la poesia

"Mia madre mi ha abbandonato
Io sono uscito dall'uovo e
mi sono perso
L'uovo si è dischiuso
e io
sono uscito.
Pulcino"

un clochard

"Vite di strada"
da  NEMO  (RAI 2)
del 23/11/2017

venerdì 24 novembre 2017

c'è modo e modo





C'è modo e modo di sentire
la musica
c'è chi la sente col ventre
come me:
sono troppo giovane
per la vecchiaia del nostro 
amore

nella piazza

Nella piazza, 
era strana l'insegna,
parlava:
chiedeva ai pendolari
di lasciarsi
lucidare le scarpe
per fermarli 
prima che salissero sull'autobus
           -sacralità-
non voleva nulla in cambio.

Era un'insegna vuota,
vuota e viva
una metamorfosi incompiuta,
come tutti

martedì 21 novembre 2017

con un sobbalzo


Con un sobbalzo 
amo il mio buio e lo temo
non trovo le cose, le atmosfere
nemmeno me
Non è più di così
nell'istante brevissimo in cui
tocco la fine

pulviscolo




PULVISCOLO


Ho l'umore fantasioso di una lucertola
dalla coda mozza
e non voglio chiedere scusa
se il sorriso dell'albero
ci viene
incontro
rubando i movimenti alla pietra
Semplicemente siamo 
e non c'è nome
che non sia di polvere
dove si sperava una luce
Ora cavalcare
una foglia
è solo ritornare da dove si è
venuti

Sulla tavola cerchiamo invano
qualcosa.


Non c'è più nulla

lunedì 20 novembre 2017

Semaforo

Rapsodicamente
giro la testa.
Trattengo una parola un salto
faccio finta di niente
non mi fermo al semaforo
se segna bianco.
Non sono i tuoi occhi
Tutto lì è bianco
con qualche macchia blu
con qualche macchia
Non sono i tuoi occhi blu
Mi disincrosta
una voce.
Ma io sono passata
al semaforo
Non era vero
per lui il presente è inconsistente 
ma vive di presente
Aggiro
il semaforo.
Non apro mai bene gli occhi

venerdì 17 novembre 2017

luce

La luce,
questa luce
non basta alla mia paura

Ci sono storie che cominciano
e finiscono
mentre io non riesco a vivere la mia,

dov’ è finita la mia fionda?
Adesso è il momento di
mirare a quel Golia
che mi incenerisce dentro.

Sto con l’animo come sospeso in quest’ora,
in punta di piedi
si avvicinano gli altri

cent'anni

Perché gli occhi oggi
si rifiutano di guardare
fuori?
Guardano dentro,
vogliono creare loro
le cose da vedere.
Poter riavere i miei cent'anni,
così pieni d'anime
e persone che non c'erano,
anni che rivelano anni
-anni luce, anni me-.
Non erano una malattia da curare,
un metro 
per misurare a chilometri 
il pensiero
una fame graffiante al passaggio.
Tutt’altro,
erano gli altiforni del mio carbone

e adesso
non so se li riavrò 
mai più 

inquietudine




Sono sparita dentro l' inquietudine
come dentro un sacco a pelo
e continuo
ad avere freddo.
L'inquietudine non è la mia inquietudine,
sono io.

Solo dalle bestie possiamo
apprendere come si fa
ad amare la vita?

Tempo allo specchio

Ho messo il tempo 
nel mio specchio
era il momento

ho appeso lo specchio
nel vestibolo della poesia
a capovolgere versi.
Dopo sarebbe stato troppo tardi.

Volevo un tempo poeta
che carezzasse la carne
delle parole
e ne divorasse l'anima.

Che frugasse in arcane dimensioni
e respirasse aliti nuovi
di ribelli/pacificate tensioni,
Dopo...
Ma quale "dopo"?

Che del mio senso nudo facesse
il vestito da strappare
con i colori della vita e
del suo mistero, che denudasse
le mie parole e con esse mi denudasse.
Che fosse il mio amante insomma!

Ma lui non sapeva da che parte stare,
Nemmeno io lo so.

giovedì 16 novembre 2017

scherzi del tempo

il tempo scherza con le parole
se ne invaghisce 
o le scolorisce 
e io sto sospesa come un lenzuolo steso
tra ciò che ho detto e ciò che non ho detto.
Parlare è un dondolo

La carne e lo spirito

Eppure il pane è caldo, appena sfornato

una finestra sbatte violenta
su una musica che suona
la interrompe,
poi la musica riprende
Per chi?
Per qualcuno
Ma per qualcuno chi?
La finestra sbatte, sbatte
su nani e su giganti che sono
riverberi (falsi?) 
della nostra carne,
o forse solo di impronte
nostre/non nostre.
Pane di sudore

Eppure dove sono i pensieri virtuosi?

Qualche domanda indugia
alla fermata dell'autobus:
sa accalappiare una tensione
imitare la nostra immagine
salire sui nostri mezzi.
La finestra sbatte sulle domande,
il gioco certo val più della
candela ma,
per carità,
evitiamo che lo spirito spenga la carne!

Ad essi appartiene ogni fornicazione









mercoledì 15 novembre 2017

Un grammo di presente

Regalatemi un grammo, un solo grammo
di presente vostro
che io l’abbia
a farmi accarezzare per un attimo

il mio l’ho dimenticato posato lì
sul comodino tra la polvere in attesa
e adesso scompare
ad ogni sguardo
e poi sia come fu il futuro
sia come sarà il passato

Tra me e voi
ogni sguardo è
principio di parola.
Nel tempo di ogni dire l’avventura
ha inizio.

Quando ancora ti muovi
tra i bisbigli
io lì ti avverto.
Ho scorza di me
mi reinvento.

Stringi forte
se apri la mano viene giù
tutto.


lunedì 13 novembre 2017

Salmo 151

SALMO 151

Cosa di me,
fa me?
Una montagna pesa sulla mia testa,
la tengo a stento in equilibrio
e indosso ai piedi molli
lo spavento.
Vado a spasso
-uomo o donna che importa?-
per storie tristi
e allegre,
mi aggiro tra i mesi dell'anno
come cerchio
da quadrare
-miracolo-.
Qualcuno da qualche
parte mi aspetterà
chiederò a lui ciò che di me
non so/so già ancora.
C'è una sagoma
laggiù che mi somiglia
potrei essere io
Ha i piedi molli
e una montagna sulla testa.
In giro si dice:
vuole troppo
del nulla
È di me che si parla?
Il biglietto del metrò per scomparire
tra gli odori della gente
presto non basterà più.

All'anagrafe c'è solo un nome
congelato: quello di D/io.
Sotto a chi tocca!


Dovunque "qui e ora"

Non è come 
voler vivere mille e mille vite
diverse, una dopo l'altra
asserragliate alla spina dorsale
o in fuga per i bordi del corpo verso 
altri miei corpi non ancora nati:
non è questione di aggiornamento software.
No, 
è come voler vivere
mille e mille volte
lo stesso giorno
lo stesso momento
lo stesso sguardo, respiro, sorriso
questo
"qui e ora"
in tutti i mille luoghi che amo,
senza rinunciare a
colori, 
odori
atmosfere 
presenze 
richiami che hanno girato l'angolo
nell'istante brevissimo in cui 
eternamente 
l'oggi era già domani.
I luoghi della mia visita
mi chiamano a sé.

la mia mansuetudine, eccitata
pretende

sabato 11 novembre 2017

mentre parliamo



Mentre parliamo
accade sempre qualcosa
che non sai.
Non è necessario saperlo
-conservo la paura dei verdetti-.

Un’eco,
una domanda senza voce,
giace nei millenni
fedele e forse dimenticata

una dissonanza
incespica nel cammino
ha messo
la scarpa destra
nel piede sinistro

Venne a incontrarci 
il tempo















venerdì 10 novembre 2017

Sulla pagina



Non ci metto molto
a spazientirmi per
le ansie da prestazione
di una pagina bianca
apprensiva
come una formica.
Eppure è lì che
vivo ancora la mia rivolta
quotidiana,
lì dove non c' è nulla
che possa essermi concesso
senza che la pagina si strappi.
Ma tu
regalami il sorriso
della tua pelle
stanca,
è da quella ruga che sono
passata
sul mio tappeto volante,
ricordi?
Chiedevo perdono al tempo
se mi beccava a
vendere cappelli alla sapienza

Ora non c'è più spazio per lo zelo,
solo per le favole

giovedì 9 novembre 2017

in due

Ti ho diviso in due,
intero eri troppo
per me

lucignolo di felicità.

Dovrei decidermi a scegliere
sotto quale lampione
fumare il pacchetto vuoto
con ancora l'odore dell'ultima  sigaretta
e
svolazzare leggero
nella nebbia
con frizzi e lazzi.
Non voglio guardare nulla
che muore

sono un inventore di sorrisi
per sole statue

LA CHIAVE

LA CHIAVE 

C'è stato un tempo
in cui chiudevo in un cassetto 
me stessa e te, 
                    per riprenderci poi, dopo cena,
                    e andare a letto a far l' amore.
Si stava bene 
a rovistare tra le cose quotidiane,
le grandi decisioni per l'ora seguente
la scelta della borsa, 
                          il colore della cravatta
che poi, come al solito, non avresti indossato,
capire come sarebbe stato il mondo oggi
dopo l'ennesimo scandalo sul giornale
o il chiacchiericcio su malattie esantematiche 
e vaccini.
Atterravamo insieme tra pioggia e sole
sul nostro tempo stupido e prezioso,
lo leggevamo in ciò che non è scritto.

La chiave,
dov'è finita la chiave?
Non si può lasciare il cassetto aperto:
siamo un segreto da non svelare
un viatico di atmosferica complicità
per il nostro privato al di là.

La chiave,
dove hai voluto gettare la chiave?

mercoledì 8 novembre 2017

silenzio in biblioteca

Silenzio in biblioteca 


Ho messo il pallottoliere
...............in biblioteca.
Così posso contare
più facilmente,
nei ripiani vuoti,
i libri che non ci sono
.............e dividere i loro punti
dalle loro virgole
.......nei respiri che sfogliano le pagine
Posso contare
.........gli incontri e gli scontri
tra chi legge e chi viene letto
il veloce inabissarsi del primo
...il venire a galla
..........lento
................del secondo
un gioco di distanze che separa e unisce
e la paura
.........di incontrarsi
in uno specchio
dentro una lettura.

Come appartieni
........a ciò che leggi!
Quanti mi piaccio mi dispiaccio
............intrecciati
che ti sbattono in faccia
.....persino
le .... ricette di cucina.

Ho messo il pallottoliere
..........in biblioteca.
Chi verrà a leggere
..........credo, si troverà
in un qualche punto che
................ancora non sa
e ci sarà silenzio.
Non ci sarà bisogno
...di andare
............in manicomio
per trovare
in poveri vuoti d'anime
...........che hanno i vetri rotti
fondi di verità.

martedì 7 novembre 2017

"altro mai nulla"

"Altro mai nulla"

Ho sognato che guidavo un aereo
in alto in alto
e superavo case,
villaggi, montagne
oceani,
              universi
Poi andavo giù, giù 
fin quasi a sfiorare terra
ma non volevo toccarla perché
non sapevo come ripartire,
allora mi affrettavo a risalire:
la cloche verso il nulla,
pedalavo forsennatamente
come su una bici nell'aria della notte.
Vita con me dentro
senza mai partire
senza mai atterrare
senza mai arrivare
senza identità

                    Senza
               mai

venerdì 3 novembre 2017

cipolla



Ho il corpo fatto di
molte pagine
quando ne sfoglio
una
appare qualcosa
che non c’era
in quella precedente
e nemmeno in quella che
viene dopo.
Quasi l’anima
avesse consistenza di
cipolla!
A quale nascita che
mi cresce dentro
rivolgo lo sguardo
mentre mi spoglio?