mercoledì 9 gennaio 2019

canto di Nicola


un muoversi di angolo in angolo
occhi dentro altri occhi
la parola scorre come sangue

guardiana 
attenta e fedele 
se la voglia di chiedere
è voglia di sapere

parlare non significa
dire qualcosa
ma avere l'impudenza
di squarciare il mutismo di Dio

                       Oggi ho cantato a Dio
                       i nostri blues

ogni giorno attraverso strade
mai percorse
sempre altre le solite strade
nel mistero del mio girovagare
oggi ho fatto 
una passeggiata tra le tue ciglia
perché volevo guardare la felicità nei tuoi occhi,
perché le tue pupille sono
dorate come
faville di miele

                        E io ho cantato a Dio
                        i nostri blues

Il tuo sguardo tracciava una diagonale 
che si conficcava in vena: aveva bisogno
di avvertire la vita rossa calda
come acini d'uva al sole
di berla a sorsi
e di regalarla in una buccia
di mandorla all' amato
Sul fondo dei tuoi occhi ho visto
una stella 
era sveglia e aveva gli occhi accesi.


                       E io ho cantato a Dio
                       i nostri blues

Erano occhi dentro occhi, sguardi dentro sguardi
ma quegli occhi
si cercavano, si incontravano, si baciavano, 
e ho creduto al tuo sguardo.
Si perdono pezzi per strada
mentre tu mi fai sognare,
se il tuo sogno non è in grado di farmi nascere
loro sanno che la felicità non esiste
ma quella dei tuoi occhi durante la passeggiata 
era sconfinata. 

                      E tu oggi hai cantato a Dio
                      i nostri blues







a contare i tuoi battiti, non te ne sfugga uno,
c'è da pensare che
riempirai il mondo

avrei dovuto chieder scusa
ma le mie unghie volevano
la collera delle tue ciglia



aperta


a te morte
resta solo il mio sberleffo
sarò viva
finché sarò
nel sogno di qualcuno.
Lì non è di te che parlerò 
forse parlerai tu di me










s'accrebbe così nell'orecchio
il grido creduto
urlava parole che
non aprivano niente
e chiavistelli offesi

C'è un grido che abita l'ombra e 
talvolta si agita
un grido che sapeva amare
c'è ombra sul marciapiede
copre dal sole cocente
chi sbrindella le proprie voglie
un'ombra che sapeva amare
c'è un marciapiede che vorrebbe solo
essere calpestato da tutti
gente con le suole infangate
donne coi tacchi a spillo,
vecchi con la bronchite e lo sputo facile.
Era un marciapiede innamorato
che sapeva donarsi

alla fine si era ribellato
era troppa pena fare da materasso
a chi cercava amore
e non aveva altri cui chiederlo




Se in noi i fiori e le parole
non sbocciano più
chi invocheremo?
Come non avessimo
altro sangue
la preghiera è un dono
che ormai nessuno sa fare


solo la candela
laggiù
si consuma ancora



Nazik al malaika: la vita mi chiede chi sono (per i dialoghi)

se il fiore e le parole non sbocciano più
con chi ho rapporti?



la canzone della fontana e la mia vita piange
e la mia storia piange
e la mio nome piange
il mio destino piange
e il mio fuoco
e la mia inerzia
e la mia esplosione
e i miei abbandoni
e le mie tregue
le mie facezie, le mie serietà
la mia natura
le mie sorgenti le mie colline
e la mia acqua
(lì dove si abbevera il viandante)
e la mia epoca
e il mio ieri e tutto il mio passato piange
e il mio domani e tutto il mio futuro
la mia speranza
il mio miraggio
questo è il mio io



è rimasto ancora il loro veleno al centro della mia piazza vuota  




acchiappatori di lucertole

l'avversario ha il sembiante di un uomo (Eluard 409)





nessuno può essere sicuro
del numero delle proprie dita


è così che si ammazza il tempo

nessuno può essere sicuro della propria identità
posso essere qui e ora un eroe e fra 5 metri e 3 secondi un coglione



non mi sono licenziata da me stessa
senza un benservito








è così che si ammazza il tempo

/c'è un fallimento
Della vita
E non chiedeva scusa
Anzi le pretendeva
Si dimenava
Era arrivato troppo presto
Quasi da subito, quasi di diritto
Ed era brutto e grottesco
Ed era il nostro
Una reazione soggettiva
Campata in aria
La tua
Questa la sua solita difesa/

Si faceva guardare
Come fosse da ammirare
Nessuno lo allontana
Mai del tutto

rimpicciolire
rimpicciolirmi

apprendista

quanta gente si accalca!

mistiche assenze




si scaglia a capofitto: centro!


innervosito
non temere di passare in mezzo alla vita sant’ egidio
pronti a lasciarsi ferire dagli altri
essere vulnerabili

creazioni di identità
l’identira è una costruzione non è la cosa più vera di se

periferie umane
guerra ai poveri
la cartina delle conseguenze

una fiammella di mezza menzogna celan 417

trasferiamoci altrove in noi (io)


Il gatto ha sette vite
ma non smette di leccarsi 
la coda


Com'è stanco questo

inizio e



come violenta la sua assenza 




abitare nel proprio nome gualtieri la giovani parole 112
la matassa dei giorni e delle ore
mi faceva male
alla tua testa

mi inginocchio nel mio nome (owen buchi con fori d'uscita)


L'acre abbandono
si è infiltrato anche nei
pensieri delle ossa
strappando istanti alle mie ore
Guardiamo ciò che ha senso
passeggiare nella sua bara


vago di tempo in tempo tra i reggimenti
delle mie parole

Questo giorno come gli altri e la sua fine
un'unica sorpresa
vi ricamiamo storie calde nell'attesa
di sapere
quale piccolo grande miracolo passa oggi
da una mano all'altra
e non avverte


guardo il senso che viaggia nella sua bara

Nessuno veramente ha forza di guardare
ciò che ha senso
mentre passeggia nella sua bara


Che almeno
ci prestino un paio di scarpe

Finiamo sempre col chiedere
aiuto ai nostri fallimenti
per stare in piedi,
per non soccombere



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